Sinestesie in viaggio

Fotografare paesaggi, comporre geografie umane e naturali mi è sempre piaciuto sin da bambino. Andare in un posto e goderne, mi ha sempre incuriosito e affascinato. Oggi, più di allora, sento l’esigenza di riprendere spazi, dedicarmi a luoghi che dicono tutto solamente restando in silenzio. Senza riprendere per forza una via ascetica o mistica, ma stando rilassati a respirare della buona aria e mangiare un buon cibo. Questo è ciò che vorrebbe chiunque. Così quando ci si stanca della città, si va a sprofondare in dei luoghi, che almeno all’apparenza, sembrano privi di slanci, eppure a ben vedere celano un sacco di ricordi.

Ci puoi andare in tutti i periodi dell’anno, vedere la trasformazione, come cambiano anche in modo repentino. Per me il migliore periodo è quello che sta arrivando: l’inizio della primavera. È come partire e tornare a casa, ogni volta il momento più bello è quello in cui si giunge. I primi istanti, il primo pasto con i propri cari sono momenti che rifarei ogni giorno e puntualmente avrei la stessa emozione. Così la primavera risveglia paesaggi e sentimenti. Dapprima ci dà un senso di cambiamento, salvo poi abituarci alla sua beatitudine.

L’articolo che segue propone un collage di paesaggi e di sensazioni che ne derivano.

Era lo scorso agosto quando il cielo era velato poco fuori Frosolone e l’aria era avvolta da una cappa. Una situazione molto strana per quel territorio, ma mentre camminavo mi sono imbattuto in questo scenario e non ho potuto immortalarlo. Una cartolina di fine estate con dei colori atipici, il sole abbronzava le rotoballe e io con loro. Nient’altro, il resto lo affido all’immaginazione e ai pensieri.

Qualche sera più tardi mi sono ritrovato questa luna dal balcone di casa. Ed è stato un lampo, ci stavamo catapultando già in un’altra stagione in maniera rapida e decisa. Mi sono rivisto in una poesia di Giovanni Pascoli, dove la luna che fa capolino con le nubi ti fa tornare piccolo.

Ottobre, nel cuore dell’autunno, l’alba ha un tripudio di colori, come il foliage che da qualche giorno si sta disseminando sulla piazza. Rosso, grigiastro e celeste che sconfiggono la notte e portano un nuovo giorno.

Nel cuore dell’inverno il lago si ghiaccia, non accadeva così da qualche anno, restituendo lungo il suo corso una montagna che si spacca in due. Non con violenza, o durezza, ma con un soffice manto bianco che ricopre il sentiero. Viene voglia di buttarsi dentro, giocare con la neve e arrivare fino al fondo. E puoi star sicuro che non crollerà nulla. Almeno in quel momento. Almeno in quel giorno.

Roma, Villa Torlonia, pochi giorni fa. Il parco si prepara al Festival di Sanremo e lo fa con tutto il suo sfarzo. Il bello è che non era preparato, ma il sole e le belle giornate che stanno uscendo non possono che farci sperare al meglio. A scavare nel buio fino a ritrovare la luce.

È quest’ultimo, forse, il senso più profondo di questo percorso, che si è alternato nelle stagioni. Ha segmentato l’animo in tanti piccoli pezzi, fino a restituire davanti ai miei occhi una nuova sensazione di bello e di speranza.

Il viaggio sinestetico (combinazione di più sensi) è terminato. L’articolo pure, ma stavolta al posto di andarsene, qualcuno rimarrà. Seduti a un tavolo confronteremo le sensazioni, rivivremo qualche momento e ci sveglieremo quando ormai la primavera sarà fiorita.

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